Seppure i prodotti agricoli e alimentari incidano nel trasporto marittimo delle merci meno di quanto non si rilevi per le materie prime in generale (minerali metalliferi, materiali da costruzione, materie prime secondarie), il loro ruolo resta in ogni caso preponderante rispetto a settori trainanti della manifattura italiana o che rappresentano una voce importante dei consumi (la meccanica incide per il 5,1% sulle merci trasportate via mare, la chimica per il 6%, il tessile per il 7,4%).  Non è possibile quantificare il numero effettivo di navi impiegate nei traffici interni ed internazionali di derrate agricole e alimentari, poiché nelle stive viaggiano merci per lo più indifferenziate. Ad ogni modo, la grande tradizione armatoriale dell’Italia e le posizioni di primo piano che alcuni player italiani occupano, specialmente per alcune tipologie di trasporto particolarmente vocate al trasporto dei prodotti dell’agrifood, lasciano supporre numeri di un certo rilievo. Senza considerare il ruolo di soggetti stranieri, infatti, la flotta mercantile italiana utilizzabile per il trasporto di derrate agricole e alimentari ammonta nel 2013 a circa 264 unità per una capacità di 8,2 milioni di tonnellate di stazza lorda: sono 232 le navi da carico secco (di cui 103 portarinfuse, 69 traghetti per trasporti RO-RO, 19 portacontainer e 41 navi da carico generale), una portarinfuse polivalente e 31 le navi-cisterna (escludendo petroliere, gasiere e chimichiere). Il protagonismo dell’Italia nel trasporto marittimo delle merci presenta peraltro una ben marcata connotazione, attraverso un’offerta tendenzialmente specializzata che si colloca in particolare sul segmento dei trasporti RO-RO – l’Italia è leader al mondo per numero e capacità delle navi-traghetto, anche se in questo computo rientra anche il contributo del trasporto passeggeri – e del trasporto alla rinfusa (la flotta italiana è la quattordicesima al mondo per tonnellaggio di portata lorda). Ed è anche grazie a tali strategie e punti di forza che tuttora il nostro Paese presidia spazi di mercato importanti, anche a fronte della forte concentrazione in atto nel settore dello shipping e del dinamismo dei grandi gruppi internazionali. Ma pur essendo una componente centrale per il trasporto di merci via mare, la movimentazione di prodotti agroalimentari ha subito nell’ultima fase una battuta d’arresto ben visibile e riconducibile, a ben guardare, all’azione combinata di due differenti processi: la cattiva congiuntura economica nazionale ed internazionale da un lato, che tuttavia non ha inciso quanto la tendenziale perdita di competitività del trasporto marittimo su base congiunturale, dall’altro. Tra 2012 e 2013, infatti, mentre i trasporti di prodotti agroalimentari effettuati su ferro e gomma hanno visto crescere i volumi di traffico – rispettivamente del 16,5% e del 2,4% – il mare ha subito un calo (-7,8%), peraltro in linea con quanto si è registrato per il complesso delle merci (-4,6%). A ben guardare, se è vero che il mare nell’ultimo periodo non si è dimostrato sempre in grado di intercettare la domanda di trasporto delle merci, è anche vero che c’è una componente“politica” da tenere in considerazione che ha condizionato, e non poco, la performance più recente riferita al trasporto marittimo di derrate alimentari. La sensibile riduzione dei quantitativi di prodotti agricoli e alimentari trasportati via mare, infatti, sembra essere frutto più che della cattiva congiuntura, di politiche – come la cancellazione dell’ecobonus in vigore per le Autostrade del Mare, verso il quale si era consolidato un certo affidamento da parte degli operatori e del mercato – che hanno impattato in maniera considerevole, ed esclusiva, sul cabotaggio nazionale. Le difficoltà, infatti, si sono avvertite esclusivamente su questa componente del trasporto marittimo, ed in particolare sul versante delle derrate alimentari (-24,1%), che evidentemente trovavano interesse nel trasporto marittimo soprattutto grazie all’incentivo dell’ecobonus. Peraltro, il recente calo dei volumi di traffico di derrate alimentari in cabotaggio ha finito per frenare le chance di ripresa che pure la navigazione internazionale lasciava intravvedere (+0,6%), dopo un periodo di difficoltà (fig. 15). Fig. 15 – Variation in quantity of goods transported by ship, by type of shipping, 2012-2013, (% var.) Ad oggi, pertanto, sono sempre più i traffici marittimi internazionali a rappresentare la parte preponderante per i flussi di derrate alimentari via mare (72%), movimentando complessivamente 18,9 milioni di tonnellate di cibo a fronte di 7,3 milioni di tonnellate che da porti italiani si imbarcano verso altri porti del Paese. E allo stesso modo, dopo una fase piuttosto prolungata – come si vedrà in seguito – in cui l’agroalimentare tendeva ad assumere una importanza crescente negli scambi di merci tra porti italiani (solo nel 2012 deteneva una quota pari al 17,1%), il quadro tende oggi a riequilibrarsi repentinamente. L’ultimo dato disponibile rileva un’incidenza delle derrate alimentari del 13,5% sul totale delle merci che viaggiano in cabotaggio, e il forte slancio che al trasporto di prodotti agricoli e alimentari proveniva dalla navigazione di cabotaggio è venuto progressivamente meno, pesando oggi sostanzialmente quanto nella navigazione internazionale.