Anche la produzione ittica italiana, dal canto suo, è scesa di svariati punti percentuali dal 2008 (-5,7%). Su di essa ha impattato soprattutto la netta contrazione rilevata sul fronte delle catture(-15%), mentre di segno opposto è stato il trend riferito all’acquacoltura (+9,1%), che se fino al 2008 pesava per meno del 40% sulla produzione italiana, oggi sfiora il 45%, con quasi 163 mila tonnellate di prodotto, a fronte delle circa 200 mila di pescato. Questi stock di produzione ittica sono peraltro realizzati per la gran parte da una flotta in lento ma progressivo ridimensionamento. Dal 2008 è diminuito del 6,6% il numero dei pescherecci e del 15,6% la stazza lorda complessiva, e le dimensioni medie delle imbarcazioni sono più basse degli altri Paesi Ue. La flotta peschereccia italiana, infatti, seppure ampia per numero, risulta composta per lo più da piccole imbarcazioni: se sotto il primo profilo siamo secondi solo alla Grecia (12783 pescherecci, pari al 15,8% della flotta europea per numero di unità), nel computo della stazza lorda contribuiamo solo per il 10,1% al potenziale continentale, e siamo superati dalle marinerie spagnola, inglese e francese, che detengono quote rispettivamente del 23,7%, 12,3% e 10,4%. A fronte del calo sostanziale della flotta peschereccia e di quello contestuale della produzione, il mercato ittico italiano ricorre sempre più ampiamente ad approvvigionamenti dall’estero per far fronte alla domanda crescente delle imprese alimentari e dei consumatori finali. Il saldo commerciale dell’Italia, infatti, è pesantemente sbilanciato: nonostante l’export in valore sia cresciuto a ritmi sostenuti dal 2008 ad oggi (+9%), e generi quasi 600 milioni di euro di fatturato, non è riuscito a compensare il trend della domanda interna, che è cresciuta a ritmi più che doppi (+20%), e che se per un verso conferma l’attrattività di un mercato come quello italiano per il comparto, per un altro richiede sistemi di conservazione, distribuzione e trasporto specializzati, adeguati a flussi così consistenti. Peraltro, quello ittico è un prodotto sempre più differenziato, a seconda non soltanto della tipologia di prodotto, ma anche delle aree di produzione e delle tecniche di allevamento o cattura, e crea oggi spazi crescenti di attività ai vari livelli della filiera – dalla produzione al trasporto, dalla distribuzione alla ristorazione – e per le varie gamme di prodotto. L’Italia in questo ambito offre delle interessanti opportunità agli operatori, come dimostra la sua presenza tra i principali importatori di pesce al mondo, per un valore complessivo di oltre 5,5 miliardi di dollari. In Europa è preceduta soltanto dai mercati francese e spagnolo, ma rispetto a questi ultimi ha visto aumentare il volume di importazioni a tassi di crescita medi annui più sostenuti nel periodo 2002-2012 (6,7 punti).
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