Se nel comparto agroalimentare l’Italia occupa posizioni di primo piano a livello mondiale, grazie alle produzioni tipiche e di qualità di cui è ricca, e in alcuni segmenti di mercato –pasta, olio, vino –anche in riferimento alle quantità prodotte, per le quali il nostro Paese è insidiato da ben pochi competitor a livello mondiale, nel settore della pesca il quadro attuale e lo scenario di medio-lungo periodo appaiono in parte più complessi, alla luce del consolidamento di alcuni trend ben noti agli operatori. Il settore della pesca, infatti, attraversa una fase di tendenziale trasformazione a livello mondiale: da un lato, l’impoverimento delle risorse ittiche, più accentuata nei bacini fino ad oggi più battuti dalle flotte pescherecce o meno salvaguardati dalle normative e, dall’altro, il netto potenziamento della capacità produttiva specialmente nei Paesi asiatici e di recente sviluppo, che possono contare su manodopera a basso costo e sull’accesso a mezzi e tecnologie più evoluti, stanno producendo un rimescolamento degli equilibri. E ciò avviene soprattutto a seguito delle trasformazioni in atto nell’area asiatica, che consolida il ruolo di player mondiale della pesca (da essa deriva il 69,1% della produzione globale di pesce). Strumenti efficaci e nuove dinamiche, come l’accesso alle risorse e alle tecnologie per potenziare le flotte pescherecce, la negoziazione di proficui accordi commerciali per lo sfruttamento delle risorse ittiche, la crescita dei consumi da parte di alcuni Paesi, oggi intervengono a rimodulare gli equilibri del mercato, che si affiancano al tradizionale ruolo giocato da Paesi con una più forte vocazione per la pesca. In questo quadro, l’Italia si è ritagliata un ruolo da comprimario: se per un verso può contare su una tradizione marinara che ha radici lontane, oltre a posizione geografica e morfologia del territorio assai favorevoli alle attività ittiche, per un altro verso sconta, rispetto ai Paesi oggi leader nella produzione mondiale di pesce, un potenziale di risorse di gran lunga ridimensionato, come del resto si riscontra in tutti i Paesi dell’area Ue. Peraltro, oltre alle flotte pescherecce dei singoli Paesi, nel quadro odierno impattano anche assestamenti interni al mercato ittico. Se per un verso questo cresce nei volumi di produzione, per un altro tende sempre più a rifornirsi dagli allevamenti: se,infatti, la produzione mondiale di pesce è aumentata sensibilmente tra 2008 e 2012 (+10,4%), a ciò ha contribuito ampiamente il forte sviluppo dell’acquacoltura (+25,8%), e assai meno le catture (+1,3%). L’acquacoltura gioca, infatti, un ruolo sempre più centrale nelle forniture di pesce, e le aree, come quella asiatica, che prima delle altre si sono allineate a questo trend, si collocano oggi ai vertici delle produzioni ittiche mondiali. L’Asia, infatti, è l’unico continente in cui gli allevamenti di pesce situati negli oceani forniscono un apporto alla produzione (59 milioni di tonnellate) superiore di quello del pescato (50 milioni di tonnellate). In tutte le altre aree, invece, sono le catture a giocare un ruolo primario (in Europa pesano per l’82%). L’Europa, dal canto suo, si posiziona alle spalle del continente americano in termini di produzione totale di pesce (16 milioni di tonnellate contro 21,6), tuttavia a differenza di quest’ultima area – l’unica in cui la produzione è in calo (-11,7%) –ha dimostrato negli ultimi 5 anni di poter incrementare i volumi di produzione ittica (+4,1%), grazie soprattutto alla crescita dell’acquacoltura (+23,4%), mentre le catture sono stazionarie (+0,6%). Su questo versante, è anche l’area africana che dimostra un dinamismo tutt’altro che trascurabile sul fronte della produzione ittica (+17,5% dal 2008), e rispetto alle altre può vantare uno stock di risorse negli oceani che permettono ancora interessanti margini di sfruttamento (+12,3% le catture). Peraltro, grazie anche alla contestuale e assai forte espansione dell’acquacoltura (+57,5%) è proprio il continente africano che si candida a rappresentare il nuovo bacino di produzione mondiale di pesce nel lungo periodo  Se si restringe il quadro d’analisi al continente europeo, l’Italia occupa la sesta posizione in termini di produzione continentale di pesce con 363 mila tonnellate di prodotto (il 6,2% del totale). Ben distante da colossi come Spagna e Regno Unito, che possono vantare produzioni imponenti (rispettivamente 1,2 milioni e 834 mila tonnellate), peraltro in continua crescita (rispettivamente del 2,1% e 7,7% nell’ultimo quinquennio), ma indietro anche rispetto a Francia,Danimarca e Paesi Bassi, che tuttavia nell’ultimo periodo hanno osservato cali di produzione più evidenti anche rispetto all’Italia, e compresi tra i 9,7 e i 26,1 punti percentuali